Dr. Manhattan, supereroe dal fumetto Watchmen, qui come simbolo di conoscenza.
L’autunno sta arrivando prepotente, come ogni stagione ormai, ma quest’anno apprezzo questo periodo; solitamente non fa per me. Dico questo perché ormai faccio questo lavoro da un po’ e finalmente vedo con chiarezza le opportunità che offrono questi tre mesi prima dell’inverno. Il denaro più “facile” l’ho fatto proprio nelle settimane tra settembre e dicembre, dove la frenesia delle feste si fa sempre più intensa fino al picco natalizio. Non riesco ancora a diminuire le spese delle sigarette, ma d’altronde è anche uno stimolo per farli, i soldi, ma questo non c’entra. Era solo un dettaglio. La cosa invece di cui voglio parlare è di come sono arrivato ad una sorta di equilibrio mentale, temporaneo forse, che intendo sfruttare in questi mesi preziosi. L’ho fatto semplicemente giocando a scacchi, guardando film, scrivendo e lavorando; quest’ultime due sono quasi la stessa cosa. Ha tutto perfettamente senso, ho scoperto, e soprattutto funziona. Giocare a scacchi mi aiuta a mantenere la mente attiva e ragionevole. Ho capito che posso “curare” la mia impulsività con il gioco degli scacchi, con la strategia.
Mi è stato consigliato di leggere un libro su di essa, molto famoso e che non citerò, ma al momento non ho denaro da scambiare per dei libri. Però a me piace imparare, anzi, io sono ossessionato dall’imparare, quindi ho dovuto trovare una soluzione semplice ed efficace. Giocare a scacchi si è rivelata la scelta migliore, sia per compensare la mia necessità di giocare – mi capita che mi butto sui videogiochi per qualche giorno, quando sono a corto di idee – sia per imparare ad essere strategico. Imparare ad avere una visione dall’alto delle cose, quindi più ampia, imparare a rinunciare ai benefici istantanei quando necessario ed ottenere il risultato migliore senza essere impulsivo e frettoloso. Imparare ad avere pazienza e saggezza. Non sto parlando di giocare per vincere e diventare Grande Maestro di scacchi, di questo chi se ne importa ha altri obiettivi. Io parlo di giocare per confrontarsi, condividere idee e strategie, osservare ed imparare dagli altri. Giocare per cercare di prevenire i problemi, con la consapevolezza che possono esserci o ci saranno di sicuro. Nella vita ho imparato che avrei sempre avuto bisogno di un piano “b, c, d, e…” e ora se voglio lavorare con la mia arte devo essere strategico, perché oggi è così facile che risulta molto complicato.
Devo dire che ci sto giocando parecchio, mi sono imposto nel tempo “perso” di farlo in modo costruttivo. Attenzione però a non cedere al fenomeno in cui si pensa solo a come muovere le persone, e sono sicuro che molti abbiano vissuto questa leggera pazzia. Ma in realtà è normale quando si entra nel flusso del gioco o dell’esperienza che si vive; per qualche mese ho sognato e pensato in if ed if else, e anche qui sono certo che qualcuno capirà.
Anche guardare film aiuta, per i creativi, a trovare nuove idee. È osservare l’opera di qualcun’altro, ed è fondamentale farlo, non possiamo pretendere che il nostro prodotto raggiunga le persone e venga apprezzato se prima non proviamo quello degli altri, secondo il mio punto di vista. È strategico farlo, sapere cosa fa chi lavora nel tuo settore, conoscenza. Non è solo questo, è anche sostegno per chi si mette in gioco, gli artisti non sono solo pittori e musicisti, chiaramente.
Poi c’è lo scrivere, che è anche il mio lavoro in un certo senso; faccio il “Cupido” tra il pubblico e le opere della mia compagna di avventure e disavventure. Mi piace quando un titolo funziona, quando le persone usano le mie combinazioni di parole nelle loro frasi, mi piace comunicare. Lo sto facendo proprio ora, quindi la scrittura è in qualche modo la mia colonna portante, e per me è anche la migliore droga. In questo momento voglio solo condividere tutto quello che sto vivendo ora che mi sono buttato nell’oceano che è il mondo, tra squali e pesci innocui e ogni tanto qualche isola sicura. Sappiamo tutti ormai che la cosa più importante è l’informazione.
- Anasse Nabil
P.S. Un tempo ero un poeta, qui c'è il mio libro.